I fonici di domani

Se fossi uno che pensa prima
non farei le cose senza pensare
non sarei il fonico di stasera


Con l’accendino rasta e la bandana
che gli abbiamo detto tutto da una settimana
ma ti guarda stupito e un po’ indispettito
e ti dice “qui non si può entrare
sto sognando di un modo migliore”

Ma appena la luce si spegne
ha gli occhi come i miei, fiumi secchi
le orecchie si piegano ancora ed ancora
e al primo brivido di vero calore
è subito gelo da dire, da fare cantare

Se fossi uno che pensa spesso
non farei tante cose così prive di senso
starei a casa mia


Se fossi uno che pensa forte
m’improvviserei organista di corte
senza batter le ali in un gioco vigliacco
e ti dico “qui non si può entrare
non m’importa del vostro rumore”

Ma se fossi uno che ama il buio
non avrei acceso tutte le luci
su questo quasi amore


Così a volte adoro i miei momenti di odio
come adoro il tuo sguardo regale
ma forse stavolta ho sbagliato davvero
e ti guardo stonato come un gufo tradito
e ti dico “non voglio più uscire
non faremo mai posto ai villani”

Non faremo mai posto, mai posto ai villani
non importa se batton, se batton le mani
e ameremo in silenzio la stessa donna che danza
al tempo esatto dell’apparenza
cullando marimbe, milonghe e osanna in un’unica stanza
e ameremo in silenzio la notte che avanza
e saremo in piedi a cantare anche senza coscienza
saremo noi i fonici di domani
saremo forse i fonici di domani
saremo…


(P) (C) 2009 Davide Ravera